23 dicembre 2014

Originale e fotocopia

È ormai Natale.Si, si capisce guardando il calendario. È  il 23 di dicembre.
Se mi fossi addormentato qualche mese fa e mi fossi svegliato oggi senza guardare il calendario, non avrei mai immaginato che è Natale. Infatti avrei notato che il clima è mite, che c’è ancora qualche foglia sugli alberi, che non si sente in giro quell'allegria, quell'atmosfera speciale, gaia e gioiosa che il Natale solitamente sa infondere in ognuno.
Avrei certamente notato ragazzi scherzare per strada ed avrei incontrato gente sorridente e bonaria augurare ogni bene a chiunque, felice di possedere quella inspiegabile e condivisa serenità a dimostrazione del fatto che si può essere felici solo se lo sono anche gli altri.
Poi sarei andato in strada e guardando in alto avrei notato delle funeree decorazioni traversanti in lungo e in largo la via principale del mio borgo, avrei sentito un forte olezzo provenire da marciapiedi pieni di salate od essiccate vittime di stagione, e mi sarei persuaso che... sì, sembrerebbe che sia Natale.
Platone sosteneva che la nostra realtà altro non fosse che la copia imperfetta, opaca e sbiadita di quella esistente da qualche altra parte, precisamente nel mondo delle idee, in quel mondo, cioè, di cui la nostra mente conserva il retaggio, (di là provenendo evidentemente) tale da spiegare il perché' ogni nostro concetto, ogni nostro pensiero su ogni cosa si diriga sempre su quella più bella e perfetta tra quelle possibili.
Se per esempio mi fosse chiesto di pensare ad una sedia, mai mi verrebbe in mente di pensare ad una sedia sgangherata, di quelle impagliate ma senza ormai impagliatura, con una gamba più corta o tarlata... no, penserei ad una sedia solida, bella, laccata ed importante così come più bella non potrebbe esserci, ovviamente in relazione al mio personale gusto.
Io penso allora, se ciò è vero, (come in un modo o nell'altro penso che sia), che il Natale deve senza dubbio essere qualcosa di stupefacente e di inspiegabile bellezza. Si, perché il Natale di oggi altro non è che la brutta copia di quello che io ricordo di qualche decennio fa, che a sua volta altro non è che la brutta copia di quello che c’è nel mondo delle idee.
Quindi siamo arrivati alla fotocopia delle fotocopie, che come accade alla fine, fotocopiando ancora, ci permette di intravedere solo qualche macchia scura... non si capisce più cosa ci sia scritto e quale sia il senso vero di ciò che è riportato sul foglio originale.
Il Nostro Natale ha il sapore della decadenza, in perfetta sintonia con l'aria decadente di questo nostro mondo sempre più degradato, offeso e maltrattato dalla nostra cupidigia, dal nostro bisogno di arraffare a danno di tutto e di tutti, che ci porta solo al lamento collettivo sulla crisi che non finisce, sui soldi che non ci sono, sulla ricchezza e sul benessere ormai scomparsi.
Mai che ci ispirasse un atto di coraggio o di indignazione collettiva che ci portasse a riappropriarci della nostra vita, del nostro mondo, del nostro Natale. 
Se lo facessimo, potremmo insegnare a chi non ne ha memoria e ricordare a noi stessi, ormai dimentichi, com'è bello leggere dall'originale, com'è dolce il senso delle parole se lette chiare e nette e non sbiadite o sfocate da fotocopie su fotocopie.
Per quanto possibile, Buon Natale.

28 ottobre 2014

Lo svolgimento corretto al tema


Martin Lutero ( De Servo Arbitrio) diceva che il nostro arbitrio è libero fino ad un certo punto, poiché il fatto di essere nati uomini e non leoni, per esempio, fa sì che noi possiamo determinarla liberamente, la nostra vita, ma sempre in relazione al fatto che siamo nati uomini e non leoni.
Quindi, almeno nella fase iniziale, cioè quella in cui stabilire se nascere uomini o altro, il nostro arbitro non è stato affatto libero, ma determinato, condizionato, deciso non so da chi, ma certamente non da noi.
E allora, chiunque lo abbia deciso, siamo nati uomini.
Poi, a prescindere da dove e quando si nasce, se in Italia o in Africa, se nel 2000 o nel 1300, esiste sempre un codice non scritto attinente a un percorso ben delineato da percorrere, a delle tappe ben studiate e collaudate da raggiungere nell'ordine prestabilito, che ti consentono di vivere una vita sobria, nel rispetto della tua tradizione, della tua cultura, della tua fede, della tua famiglia che ti entra talmente dentro da consigliarla, proporla e a volte quasi imporla alla tua progenie. Capita, a volte, che qualcuno, PER SCELTA, esca fuori dagli scalmi.
E allora si generano quelli che si definiscono scalmanati, cioè quegli spiriti liberi che hanno dentro il germe dell'anarchia, della ribellione che non si adattano ad una vita, ad un'esistenza fatta di "svolgimento corretto ai temi", ma pretendono di più. Guardano più lontano e che da incompresi, subiranno lo scherno dei benpensanti, ma che alla distanza, saranno loro a dire qualcosa in più ed a contribuire a cambiare, sempre in direzione ostinata e contraria come soleva dire e fare il mio Faber.
Capita, più spesso, molto più spesso, che PER FORZA, qualcun altro esca dagli scalmi. Sono quelli che seppure incanalati nel solco tracciato ed a loro riservato, ne siano costretti a uscire in seguito ad un evento traumatico, per esempio, che porta alla rottura della catena di tappe messe lì in ordine ed in fila; sono quelli che nello svolgere il tema sono andati fuori traccia.
E allora comincia un'avventura nuova, diversa: in una prima fase ti ribelli al nuovo ruolo, soprattutto se sei giovane, vuoi essere come gli altri, vuoi rendere felice e rassicurare chi ami, perché sentirti omologato ti rende più sicuro, ti fa sentire il sostegno di tutti e allora lotti per tornare nella traccia del tema.
Ti senti solo in questa tua nuova condizione, ti senti in un angolo... ma te ne sei troppo allontanato. Hai dimenticato, addirittura, qual era la traccia. Poi, con il tempo, con la maturità, ti accorgi che anche senza la traccia assegnata hai qualcosa da dire a te stesso ed a chi ti sta intorno. Puoi scrivere tanti temi a traccia libera, puoi dare e chiedere ancora molto soprattutto con la contezza che deriva da quel modo nuovo di vedere e pensare che pian piano diventa sempre più tuo e della cui diversità cominci a sentire non più il peso ma la levità, la consapevolezza di essere di sostegno e forza a chi sta uscendo ora dalla traccia. Ti rendi conto, pian piano, che l'angolo in cui eri stato emarginato o in cui ti eri relegato è divenuto un punto di osservazione privilegiato della realtà, della vita che può permetterti di coglierla nella sua essenza, piuttosto che nella sua forma, che può permetterti di osservare ciò che è al centro della scena con occhi diversi, con una luce nuova e più intensa.
Aldilà di quella che si definisce normalità, esistono mondi, verità, esperienze, emozioni, che danno un senso alla vita.
Alla propria e a quella degli altri.
"La misura dell'intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario". (Albert Einstein)

24 ottobre 2014

Segnali di vita


È cambiato il tempo.
Nel senso che si è messo a freddo.
Sono cambiati, però, anche i tempi rispetto a quando avevamo le basette lunghe e le camicie a fiori... è tempo di rincasare quando sì fa tardi, è tempo di andare al mare quando fa caldo...


è tempo di lottare quando capita qualcosa. Bisogna andare a tempo per ballare il tango come bisogna saper portare il tempo per suonare la batteria. Il tempo.
Palese inesistenza inventata per scandire, testimoniare e misurare la nostra esistenza. E quella delle cose che ci circondano e che hanno a che fare con noi.
Senza il tempo non ci sarebbe fretta di consumare un alimento perché non ci sarebbe la scadenza, non invecchieremmo perché non esisterebbero gli anni, non scadrebbe neppure la patente o il passaporto.
Il tempo è una convenzione. Ma una convenzione necessaria e obbligatoria.
Come il Pi Greco in matematica che è uguale a 3,14 periodico.
Non si sa perché (almeno io non lo ricordo), ma senza il Pi greco non potremmo calcolare l'area del cerchio.
Ma il tempo tra le cose insensate è quella che ha più senso.
Si, perché misura ogni nostro gesto, ogni nostro palpito, ogni nostro battito.
Lo chiamiamo estate, secolo, anno luce, ora, ma anche, più romanticamente, istante... attimo... proprio a testimoniare la scansione di tutta la nostra vita.
Allora è vero!
Nonostante non esista, nonostante ce lo siamo inventati è importante!
È  fondamentale, oserei dire. Dà senso alla vita. Sì, le dà un senso proprio perché le dà una scadenza. E sulla scadenza della nostra vita non c’è scritto
"da consumarsi PREFERIBILMENTE..."
C'è scritto
" da consumarsi ENTRO..." per far capire che non c’è tempo per i ripensamenti, per gli esami di riparazione, per gli appelli dell'ultim'ora.
Bisogna consumare ENTRO E NON OLTRE!
E allora bisogna vivere, vivere intensamente la vita, che resta la cosa più meravigliosa che ci è capitata... bisogna sentirlo e crederci perché' solo così si può testimoniarlo, bisogna assaporarla intensamente senza dover rimpiangere, poi, ciò che si poteva fare e non si è fatto, ciò che si poteva essere e non si è stati, ciò che si poteva dare e non si è dato.
Il tempo non ci aspetta.
Bisogna affrettarsi.

17 ottobre 2014

Je venais d'avoir 19 ans

Ieri, mi sono seduto di nuovo in un banco.

Non in un banco di chiesa.
In un banco di Università.
Dopo ventisei anni.
Si, ventisei anni dopo la mia laurea, mi sono iscritto alla facoltà di lingue e culture straniere.
Lo avevo in testa da tempo.
Ho sempre avuto una smodata passione, un amore e perché' no, una predisposizione per la lingua francese, per la sua fonetica, per la dolcezza e musicalità che riesce a conferire perfino alle tonalità basse e grevi come la mia, per Baudelaire, per Verlaine, per i pittori impressionisti.
Ci pensavo da tempo.
Era già da qualche anno che mi ero messo in testa di farlo, ma un po' per mancanza di tempo, un po' perché' pensavo che mi sarei sentito goffo e inadeguato in mezzo a studenti di trent'anni più giovani di me, ho sempre accantonato il progetto.
Poi ho pensato, invece, che sarebbe stato bello ed emozionante rimettersi in discussione, ripartire di nuovo, senza pensare a chi ero, a quello che ero diventato, azzerando la mia laurea, il mio lavoro, il mio vissuto e ripresentarmi da anonimo, da studente, da matricola.
Ho pensato, poi, che cinquant'anni (49 per la verità) sia l’età giusta per farlo.
Si, cinquant'anni è l’età giusta per realizzare i sogni rimasti sogni, per alimentare e dare corpo alle proprie passioni rimaste inevase da una vita che ti ha richiesto altro... a cui hai chiesto altro.
E così, senza pensarci più, di ritorno dalle vacanze estive, mi prenoto per partecipare al test di ingresso ed il giorno tre settembre, lo sostengo e lo supero. Mi iscrivo al primo anno, preparo il piano di studi. Sono pronto per iniziare il mio nuovo viaggio.
Ieri alla 10,30 vado alla mia prima lezione.
Francese 1.
Parcheggio la macchina lontano, non c’è un posto libero nel parcheggio del campus e mi avvio a piedi.
Ha la giacca azzurra ed una cartellina di pelle in mano che contiene dei fogli per gli appunti e una penna.
Non so cosa altro portare. Non lo ricordo più ...è passato troppo tempo dall'ultima volta.
Cammino piano cercando con lo sguardo i luoghi della mia giovane vita da studente degli anni '80... rivedo con la mente qualche mio compagno di allora e mi torna qualche ricordo.
Ma non riconosco nessun luogo, è tutto troppo grande adesso, hanno costruito dappertutto... non riesco a trovare la mia facoltà di allora.
Non so neanche dove andare, non so dov'è la mia nuova facoltà.
Chiedo e continuo a camminare.La trovo.

Cerco l'aula 9
La trovo.
Indugio un po' prima di entrare...
La lezione è già iniziata...
Sono un po' nervoso..
Entro.
Un centinaio di studenti seduti nei banchi.
Mi guardano mentre cerco un posto dove sedere e sento addosso i loro sguardi di curiosità.
E' vero, mi sento un po' goffo e inadeguato, ma vado avanti...
Mi siedo all'ultimo banco, l'unico libero...
Mi guardano ancora, non sanno chi sia e perché sia lì.
Anche il professore mi cerca sovente con lo sguardo per capire se fossi uno studente o chi altri...
Faccio di tutto per rassicurarli... chiedo qualche informazione per far capire loro che sono uno studente.
Si rassicurano.
Li guardo... hanno tutti circa diciannove anni...


Penso che li ho anch'io diciannove anni...
Li ho da trent'anni, ma li ho anch'io!!!
Comincia la mia nuova avventura.
Bon voyage!

15 settembre 2014

D'amore, di vita e d' autunno


È una sera tiepida di fine estate.
Anzi... è una tiepida sera di inizio autunno. Non è la stessa cosa, anche se lo sembra. L'inizio è più intrigante, più affascinante di una fine.
Una fine è sempre qualcosa di passato, di accantonato che per quanto bello possa essere stato e' pieno solo del ricordo di se', non si porta dietro quel carico di aspettative, di speranze, di attese, di entusiasmo che solo un inizio può dare.
Per cui, ribadisco, è una tiepida sera di inizio autunno.
Rifletto sulla sua bellezza, sul senso antico e perenne del suo arrivo, sulla delicatezza di una ritrovata calma che induce a pensieri e riflessioni.
Riflessioni.
Sulla caducità delle cose, sulla precarietà della vita, sull'assegnazione in prestito dei nostri giorni avuti all'atto del nostro concepimento, sulla restituzione degli stessi quando sarà.
E quando sarà? Domani... fa quarant'anni o fra un quarto d'ora?
E se fosse fra un quarto d'ora?
Non avrei neppure il tempo di salutare, di spiegare, di perdonare o chiedere perdono.
Non potrei neppure ripensare a ciò che sono stato, a quanto ho fatto, a quanto ho dato o quanto ho avuto...a quanto ho amato... se lo avrò fatto abbastanza...
Non avrò la possibilità come lo Scrooge di Dickens di rivedere il mio passato...
Pensieri tristi.
Riflessioni malinconiche ed amare.
Al contrario.
E' come quando parlavo di fine e di inizio:
la consapevolezza della ineluttabilità del mio destino mi spinge oltre, mi spinge in avanti, mi spinge a cercare sempre un nuovo inizio, che rimetta in discussione il percorso, che mi faccia scoprire la bellezza di un paesaggio, di un quadro, di un sorriso, che mi faccia ricredere su qualcosa, che mi faccia appassionare ed incuriosire, che mi faccia godere ancora e sempre più di ogni momento che vivo, che condivido, di ogni posto che vedo.
Penso che la bellezza sia nascosta dappertutto se la sappiamo cercare, se la sappiamo riconoscere, se la sappiamo fare nostra.
Tutto ciò, tutta questa vita non si scontra con la quotidianità, le è a fianco, a portata di mano, basta volgere lo sguardo, aprire la mente ed accorgersene ...l'autunno è la stagione del risveglio, del risveglio interiore, del rumore dell'anima quando tacciono le cicale.
Se, quando sarà, avrò quel quarto d'ora, vorrei potermi dire e poter dire a chi me li ha dati, che i miei giorni li avrò vissuti e non sprecati e vorrei chiedere perdono se non lo avrò fatto abbastanza.

10 agosto 2014

L'isola che c'è

Sul traghetto Messina/Salerno di ritorno dalle vacanze. Strana atmosfera, un centinaio di persone in tutto che fanno sembrare enorme questa nave, ma del resto è così quando si torna mentre i più
partono...
Del resto questo viaggio di ritorno è il giusto corollario di una vacanza lontana dalla folla e dalle urla dei vacanzieri alla ricerca di folla e di urla...
Sant'Ambrogio appena fuori dal caos di Cefalù, in una casetta di pietra alle pendici del Parco delle Madonie, con più silenzio che a casa mia e la compagnia di qualche volpe oltre che dei miei cari compagni di viaggio.
Pochi minuti di auto (in sei), parcheggio in un posto splendido dove uno splendido parcheggiatore di una cinquantina di anni innamorato della sua terra, della sua vita e del suo parcheggio al punto di mettere tappeti verdi sulla terra battuta e coltivarvi aiuole, non bada più di tanto a quanti gli dai per l'auto, ma spera solo che la nuova ferrovia non glielo porti via; un piccolo ed ameno sentiero, chitarra a tracolla, ed appena fuori dal sottopasso della ferrovia, il mare !
Un mare turchese, calmo e limpidissimo.
Al lido che ho scelto, su consiglio del padrone della mia casa di pietra, funzionario dell'Agenzia delle Entrate, (che mi fa accompagnato ovunque) due ragazzi con un sorriso aperto ed accogliente, mi convincono e confermano la mia scelta.

Si crea subito una forte empatia fra di noi, la nostra chitarra, i ragazzi del lido con tutto lo staff e molti degli ospiti, con i quali abbiamo parlato, riso, cantato e con i quali siamo entrati in sintonia da subito.

Li abbiamo salutati ieri sera, con un filo di commozione e con la promessa di rivederci ancora.
Tornati a casa, l'invito a cena a casa del padrone della nostra casa di pietra, Mario, di sua moglie Lia e dei due figli entrambi ufficiali dell'esercito, Pietro e Marco. Una serata magica, leggera, goliardica, familiare...
Stamattina, alla partenza ci hanno preparato dei panini per il viaggio e ci siamo salutati con un poco di tristezza.
Ho incontrato bella gente come non mi capitava da un po' di tempo, ho ritrovato la voglia, sopita, un po' per scelta, un po' per gli eventi della vita, di cercare, di creare, di costruire quei rapporti, quei confronti, quello scambio di modi di fare, di vedere e di pensare che sono alla base di una crescita culturale tipica di un essere umano. Ho ritrovato anche nuovo stimolo per stare con gli amici di sempre, sempre meglio.
Non volendo, mi sono imbattuto in me stesso, mi ha fatto piacere. 
Uno degli anici incontrati è Lucia Borsellino, figlia del compianto eroe Paolo; semplice e schiva.
Dopo aver cantato insieme ed insieme al marito Fabio, le ho stretto la mano cercando le parole per esprimere il senso di rispetto e di riconoscenza per quanto suo padre aveva dato a noi tutti e lei tenendomi la mano mi ha detto" non c'è bisogno che tu dica nulla, hai cantato Reginella, era la canzone preferita di mio padre"
Torno a casa sereno.

17 aprile 2014

Del perduto amor...


Dopo dieci anni di impegno, dopo mille battaglie, alcune giuste, altre meno, dopo un milione di prese di posizione, talune sacrosantamente vere e tal altre palesemente infondate od erronee, dopo innumerevoli confronti e dibattiti, discussioni pacate o diatribe al limite dello scontro, questa campagna elettorale, non mi vedrà tra i protagonisti.
L'uomo è un animale politico, diceva Aristotele, nel senso che ognuno dovrebbe sentire l'obbligo naturale di occuparsi dell'amministrazione della polis.
Io, più che come un obbligo, ho sempre avvertito l'impegno politico, fin da ragazzo, come un mezzo nobile ed appassionato per interagire con la gente, con gli altri, con il mondo. Ho sempre vissuto l'esperienza amministrativa come il modo migliore per andare incontro agli altri, per rendere il loro, il nostro habitat un posto in cui valesse la pena vivere, attraverso la creazione di sempre migliori condizioni di vivibilità, di sostenibilità, di rispetto per l'ambiente, per il proprio territorio, per se stessi. Pensavo... ancora penso che il risultato del proprio impegno è tanto maggiore quanto maggiore è la coesione con gli altri amministratori, sarebbe addirittura l'apoteosi se si riuscisse a creare tra di loro anche un vero e solido rapporto di amicizia, poiché, come un moltiplicatore Keynesiano, potrebbe portare a risultati eccelsi!!!
La mia esperienza non è stata proprio questa, devo ammetterlo.
Non sono riuscito a creare con i miei compagni di avventura quell'empatia, quell'andare insieme verso la stessa direzione che avrebbe reso la nostra attività veramente meritoria, duratura e degna di essere ripetuta.
Non è stato cosi. Non sempre per colpa degli altri.
Succede quando si hanno visioni, progetti ed intenti differenti.
Succede quando la composizione di una lista non è frutto di un progetto unitario, non nasce da quell'appartenenza politica che avrebbe avuto delle finalità ed obiettivi condivisi. Succede.
Ho sperato in questa ultima fase di poter mettere la mia piccola esperienza , in un modo o nell'altro, al servizio di giovani innamorati della politica e del proprio territorio e contribuire a gettare le basi per un nuovo inizio, per un nuovo approccio... per un nuovo.
Non si è potuto fare.Imperano le stesse vecchie generazioni. Dominano le stesse regole.Comandano le stesse logiche.E allora si sta a casa. Non senza rimpianti, perché è un po' come smettere di fumare. Devi farlo, perché altrimenti ti può venire un cancro, un enfisema e decidi di smettere.Ma sarebbe da falsi non ammettere che fumare, (ovviamente per chi lo ha fatto e molto) resta bello e rilassante, così come sarei bugiardo a non ammettere che l'idea del confronto ( a volte anche dello scontro) della ricerca del consenso, della ricerca condivisa della soluzione ad un problema, della campagna elettorale con l'adrenalina che sprigiona, non mi affascini ancora e mi manchi. Si spera sempre di poter ritornare a fumare se si inventasse qualcosa che non lo renda dannoso.
Si spera di poter tornare a potersi innamorare delle cose, delle sorti degli altri, di tutti, quando ce ne saranno quelle che per me saranno le condizioni ideali.
Ora non fumo e non mi ricandido.
Il perduto amor...

31 marzo 2014

Il voto inutile


La nuova città di Montoro, l'agognata città di Montoro si prepara ad essere amministrata.
Mi sono sempre chiesto e me lo chiedo ancora, che senso e soprattutto quale significato avesse avuto questa paros-sistica e sfrenata fretta di fondere due comuni che in fondo non ne avevano ne' l'obbligo ne' l'esigenza, a modesto avviso di chi scrive. Ma questa è un'altra storia.
Ora il comune ce l'abbiamo, quel comune che è divenuto il terzo della provincia, quello che dovrebbe portare sviluppo, benessere, prosperità ai suoi circa 20.000
abitanti. Noi lo speriamo, soprattutto noi che non ci abbiamo creduto, che non abbiamo creduto che quella frettolosa operazione avesse come finalità il benessere di Montoro ma solo la sopravvivenza o la riesumazione della vecchia nomenklatura.
Noi speriamo, speravamo di essere smentiti, felici di esserci sbagliati, poiché il nostro essere contro era di tipo ideale, senza strumentalità .
Come avremmo potuto essere smentiti?
Con l'azzeramento delle amministrazioni uscenti e passate le quali avrebbero dovuto creare le condizioni, per averne una nuova con il loro ausilio, con la loro vicinanza con la loro esperienza.
Un po' come avvenne a Montoro Inferiore nel 1995, quando una intera classe politica abdicò per una nuova speranza.
Speranza che, ad onor del vero, non fu tradita, almeno in una prima fase.
Ma purtroppo da quel che si sente bisogna ammettere che avevamo ragione .
La fusione serviva solo a chi non voleva scendere da cavallo o a chi, da anni bramava di tornarci.
Il risultato è che quasi tutti i consiglieri uscenti dei due sciolti comuni si ricandidano al nuovo consiglio e che i vecchi sindaci degli ultimi vent'anni, con qualche marginale eccezione frutto più di un'estemporaneità che di un autentico progetto , si candidano alla carica di sindaco.
Tutto ciò nella sconfortante inesistenza della politica e dei partiti che permette tutto ciò.
Vi è da aggiungere che la evidente assenza di progettualità e di scaltrezza degli uscenti che pensavano di essere riconfermati per grazia di Dio, si stanno scontrando con chi progettuale e scaltro lo è molto, tanto da guardarsi bene da indire referendum quando era al timone (se non in vista della fine del viaggio) e di propugnarla con passione quando poteva giovargli ancora. Così è stato.
Del resto da noi si dice; è fessa la volpe o chi l'acchiappa?
Però che si spacci per "il nuovo" chi ha amministrato solo pochi anni fa con risultati a dir poco contraddittori soprattutto sul piano della politica, del confronto, della coesione sociale è quanto meno discutibile!
Possibile che non ci sia nessuno in mezzo a 20.000 abitanti e tanti Km di territorio che sia in grado di amministrare questo nostro sventurato comune oltre a loro ?Certo che si!
Ma la ingombrante presenza di questi dinosauri dal consenso ormai consolidato grazie ad una asfissiante ed istituzionalizzata presenza nei banchi dei Consigli tiene ben lontano, a vantaggio dei dinosauri stessi. Allora per chi votare ?
Per il solito male minore?
Turandosi il naso o tappandosi l'altro orifizio per evitare spiacevoli infiltrazioni? O non votare affatto? In ogni caso questo voto sarà davvero utile? Ed a chi?


4 febbraio 2014

Corsi e ricorsi...

Nel 1919, all'indomani della Grande Guerra, l'Italia versava in una crisi profondissima, il popolo era alla fame, pochi detenevano la totalità della ricchezza, che come accade nei periodi di crisi, si arricchiscono ulteriormente.
Il glorioso partito socialista, anche sulla scia della rivoluzione di ottobre, sposava la causa della povera gente, contro il latifondo ed il privilegio. 

Fu così sentita quella battaglia per una maggiore giustizia sociale e per una più equa distribuzione del reddito che quel periodo è' conosciuto (?) come il biennio rosso .
I borghesi, i ricchi e quelli che tali si sentivano, soffrivano questo stato di cose e come per incanto nascevano movimenti più o meno moderati che si erano dati il compito (ovviamente spalleggiati e finanziati da quelli che non volevano perdere i propri privilegi e possedimenti) di riportare il tutto ad una normalità fatta come sempre di sfruttati e sfruttatori, di ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri .
Nascevano i fasci di combattimento.
La parte moderata di questi, otteneva rappresentanze in parlamento mentre quella a maggiore impatto sociale divenivano vere e proprie squadre punitive.
Piano piano, approfittando di una politica assente, di una corruzione ancora figlia dell'epoca giolittiana, con l'appoggio dei borghesi, dopo la buffonata di Porta Pia, i fasci, si impadronivano del parlamento e dello stato.
E ora? Anche oggi siamo in una crisi profonda, i ricchi diventano sempre più ricchi, la gente normale, cioè quella non ricca, che però, volendo sentirsi o ambendo ad essere tale, ha votato negli ultimi 20 anni per il privilegio, per la distruzione del concetto di cosa pubblica, dello stato e delle istituzioni, versa in una situazione drammatica.
Ma non c'è più il glorioso partito socialista a difendere la povera gente ...e neppure quello comunista ...i sindacati non rappresentano più i lavoratori... di Di Vittorio non c'è più traccia.
E allora stiamo assistendo all'assalto ed alla devastazione di ciò che resta delle nostre povere istituzioni da parte di un branco di idioti ignoranti guidati da un pagliaccio comico ma pericoloso che approfittando di un vuoto di valori e di idee,  sta attentando a quel che resta della nostra democrazia preparando quella che potrebbe essere una vera e propria svolta autoritaria !
Ciò che più indigna e spaventa è che questa deriva populista viene sempre più condivisa dalla gente che invece di aspirare ad una sana e nuova politica riformista che passi attraverso una democrazia indiretta ma partecipata, vuole prendere le solite scorciatoie che portano inevitabilmente al baratro come insegna la nostra storta recente.
Purtroppo la storia è presto dimenticata, non si fa più tesoro di essa, basta un Masaniello o un pifferaio per far sì che i topi ne restino affascinati!
Le offese alla dignità del Parlamento e della sua Presidente, da parte di questi nuovi paladini della giustizia sociale, che non ritengono degno nessun''altro a rappresentare gli italiani oltre a loro o che non conoscono il concetto democratico di riforme partecipate e condivise, ci stanno spingendo in un abisso ben peggiore di quello fascista che aveva almeno alla base, delle riflessioni e dei concetti politicamente e socialmente rilevanti.
Povera patria !!!

24 gennaio 2014

Carneade: chi era costui?


Frase messa in bocca a don Abbondio dal Manzoni per evidenziarne l'ignoranza.
Ebbene, oggi il nipote del Beccaria si rivolterebbe nella tomba al pensiero che i più non conoscono neanche don Abbondio!
Mi si dirà che la conoscenza della Divina Commedia, del Decamerone, dell' Infinito di Leopardi non sono indispensabili per vivere.... che non sapere chi fossero Breugel, Velazquez, Boldini o Signorini non impedisce di sposarsi e di avere dei figli... che non aver visto Umberto D. , La grande Guerra, Nuovo Cinema Paradiso o l'Oro di Napoli non delegittima un impegno politico di rilievo. Non è così.
Non è così se si considera la propria vita, la propria esistenza, un' occasione unica, (fino a prova contraria) per essere coerenti con il destino che ci è stato assegnato all'atto del nostro concepimento o creazione se si vuole, cioè quello di esseri umani dotati di strumenti enormi per tendere sempre più all''evoluzione di noi stessi, di ciò che ci circonda, affrancandoci sempre più dal resto del mondo animale di cui pure facciamo parte.
Capita invece di soffermarsi e pensare che la malattia del secolo, l'ignoranza, attanaglia il nostro mondo ad ogni livello ed in ogni ambito, ovviamente con eccezioni che non fanno altro che confermarlo, che, paradossalmente, la tecnologia, internet, e tutti gli strumenti informatici che abitualmente usiamo invece di accrescere la nostra conoscenza la hanno svilita, banalizzata.
Quando c'erano solo i libri e le enciclopedie e si voleva sapere cosa fosse il cubismo o l'impressionismo per esempio, bisognava, intanto trovare chi avesse l'enciclopedia cercando tra amici e parenti e poi effettuare la ricerca, adesso basta cliccare sull' i-pad o sul telefonino ed in un secondo abbiamo ogni notizia.
Notizia tanto facile da trovare quanto immediata da dimenticare o accantonare quando non ci serve più visto che all'occorrenza ci vuole sempre qualche secondo per riaverla!!!
E così creiamo e distruggiamo in un momento concetti, movimenti, opere che con ciò che hanno prodotto ed insegnato sono alla base di ciò che siamo oggi.
Io penso che la cultura sia una conseguenza dell'erudizione, nel senso che l'apprendere ed il conoscere non debbano essere fine a se stessi, ma debbano portare ad una analisi ed ad una comprensione tale da generare un modo di pensare che possa cogliere l'essenza piena delle cose e di ottenere un atteggiamento coerente rispetto al proprio pensiero.
Un popolo migliora se migliora la sua cultura!
Ma l'ignoranza che domina oggigiorno, frutto dell' indifferenza rispetto a tutto ciò che non si traduce in successo, soldi, bellezza e potere sta facendo sempre più in modo da far involvere questo nostro genere umano, da abbrutirlo al punto da togliergli sempre più spesso il gusto credere in qualcosa e di battersi fino in fondo per ottenerlo; si preferisce annegare nel mare della maggioranza piuttosto che prenderne le distanze, anche a rischio dello scherno di tutti e cercare di portare la propria intelligenza di uomo in un porto sicuro dove poter ritrovare finalmente l'essenza e la ragione del proprio essere.

2 gennaio 2014

La vita che verrà

Riflettevo, in questi giorno, sulla sorte amara e beffarda toccata a Schumacher, la associavo a quella del povero ricco Edoardo Agnelli, figlio dell'Avvocato, a quella del ricco brillante Giovannino Agnelli, figlio di Umberto, rampollo ed erede della dinastia e della società...riflettevo, con la melanconia tipica di questo periodo dell'anno, della ineluttabilità del proprio destino, della caducità della nostra misera esistenza, della importanza di vivere la vita...di vivere. Riflettevo che un giorno vissuto rappresenta in fondo un giorno in meno da vivere, così come un anno passato è una tacca, una ruga in più sul viso, certamente esperienza in più da metter via, ma sempre un anno passato.
Riflessioni, queste, tipiche di un’età matura, adulta, assenti nella beata ed imberbe incoscienza della gioventù.
Ma la gioventù è una moneta appena spesa...una moneta di piccolo taglio con cui si compra sempre meno e che finisce sempre prima...
la gioventù queste cose non le sa, non le percepisce, non riesce ad averne contezza, neanche se glielo racconti... non lo percepivo neanch'io quando me lo raccontavano... è cosi, funziona così... è la giostra sempre uguale della vita, avere tanto tra le mani senza saperlo spendere, poi avere sempre meno con tante idee per spendere...ti viene sempre voglia di metterti in discussione, continuamente, in nuovi ambiti, con nuove persone, hai voglia di scommettere sempre e sempre più su di te, sugli altri, hai voglia di nuove esperienze, ma il tempo comincia a mancarti, i vincoli, i legami, gli impegni, ti costringono all'abitudinarietà, ti strappano via il tuo senso, la tua voglia di libertà, costringendoti a ciò che Guccini definiva "lo svolgimento corretto ai temi" per indicare una vita senza slanci, senza impreviste ed incontrollate impennate, una vita dedicata a fare ciò cui siamo chiamati e basta.
Riflettevo, quindi sul destino di queste persone che ho citato prima, cui non è mancata fama, ricchezza, potere e denaro ma che, per contrappasso, prima degli altri hanno dovuto rendere tutto con gli interessi.
Qual è allora, la considerazione che voglio fare?
Bisogna vivere la propria vita, bisogna che una vitalità sempre nuova, sempre brillante pervada la nostra esistenza per darle un senso, che non debba sostituire, badiamo bene, la nostra vita così come l'abbiamo costruita e concepita, ma che ne ravvivi ed esalti il percorso ed il contenuto con conoscenze sempre nuove e diverse, con curiosità che meritino di essere soddisfatte, con viaggi tra genti e culture che vadano conosciute, accettando sfide anche perse in partenza ma che possano rappresentare la realizzazione di un sogno, nella speranza di poterle vincere e con la sfrontatezza di pensare e sapere che chi sogna non perde mai!
È solo con questo spirito e con questo proposito che non mi spaventa l'arrivo di un altro anno nuovo...
È solo con questo spirito che riesco ad augurare e ad augurarmi Buon Anno.