19 ottobre 2016

L'uomo assurdo

Sono sul treno,di ritorno da Milano.
Sono seduto al mio posto.

Stretto, così stretto, da trattenere a stento un travaso di bile.

Sono ormai due ore che viaggio e non ho sentito fiatare nessuno se non due ragazze, presumibilmente colleghe di lavoro, che si sono sedute a fianco a noi, ovviamente senza salutare ne' quando si sono sedute ne' quando si sono alzate come se non ci fosse nessuno e parlando del loro lavoro tutto.
Il tempo.
Per il resto, un silenzio tombale rotto solo dagli squilli dei telefonini i quali sembrano voler testimoniare la loro antica vocazione, cioè quella di avvicinare, agevolare i rapporti umani, non quella di allontanarli al punto da renderli inesistenti e creare il senso di alienazione di cui è affetta la nostra società "civile".
E pensare che solo domenica sono stato a Napoli per andare a vedere il capolavoro di Caravaggio esposto al Monte di Pietà, ai Tribunali, per intenderci: le sette opere di misericordia.
Sono passato per porta Nolana, lambendo Forcella, mi sono mescolato alla folla colorata e chiassosa del mercato che c'era lì, in mezzo a strilloni che vendevano e che compravano, attraverso la "normale illegalità " dei venditori di sigarette di contrabbando, tra pescivendoli puzzolenti che giuravano sulla freschezza del loro pesce più puzzolente di loro mentre la signora della bancarella di fronte generava sincera ilarità tra i passanti aggiungendo che i pesci avevano la stessa età del pescivendolo.
Insomma, ho respirato sprazzi di umanità che non sentivo da tempo, neanche lì, a Napoli, che stereotipi e luoghi comuni hanno sempre immaginato così.
Arrivo al Museo, entro e resto inebetito davanti al genio di Caravaggio che appena arrivato a Napoli dipinge "le sette opere di misericordia" che aldilà dei riferimenti evangelici è stato il pretesto, secondo me, per descrivere, con il suo realismo, quello che aveva visto appena arrivato a Napoli, ha fatto, cioè, il riassunto di quello che aveva colto di Napoli: una città devastata dalla fame, dall'ingiustizia sociale, dal sopruso del potere, ma capace di continue opere di misericordia!
Poi torni alla realtà, quella fatta di uomini inseriti, di gente impegnata a costruire il suo nulla con nessuno, a illudersi di vivere, certa com'è di poter prescindere da tutti gli altri appena non sono più funzionali alla creazione ed al consolidamento della propria assurda esistenza.
La irrazionalità della vita così come concepita, che solo di fronte ad un trauma, ad un dolore, o alla percezione della fine di tutto sembra gridare un senso, genera l'uomo assurdo, che conduce una vita assurda e che non trova più la percezione di sé, di ciò che sta facendo, di ciò che sta costruendo (o meglio, distruggendo),un uomo sempre più distante dalla sua natura, dalla sua umanità, che non ha più neanche il retaggio della misericordia.
Sento suonare un telefonino. Chissà che non ricordi a qualcuno che, in fondo, è ancora vivo!