28 ottobre 2014

Lo svolgimento corretto al tema


Martin Lutero ( De Servo Arbitrio) diceva che il nostro arbitrio è libero fino ad un certo punto, poiché il fatto di essere nati uomini e non leoni, per esempio, fa sì che noi possiamo determinarla liberamente, la nostra vita, ma sempre in relazione al fatto che siamo nati uomini e non leoni.
Quindi, almeno nella fase iniziale, cioè quella in cui stabilire se nascere uomini o altro, il nostro arbitro non è stato affatto libero, ma determinato, condizionato, deciso non so da chi, ma certamente non da noi.
E allora, chiunque lo abbia deciso, siamo nati uomini.
Poi, a prescindere da dove e quando si nasce, se in Italia o in Africa, se nel 2000 o nel 1300, esiste sempre un codice non scritto attinente a un percorso ben delineato da percorrere, a delle tappe ben studiate e collaudate da raggiungere nell'ordine prestabilito, che ti consentono di vivere una vita sobria, nel rispetto della tua tradizione, della tua cultura, della tua fede, della tua famiglia che ti entra talmente dentro da consigliarla, proporla e a volte quasi imporla alla tua progenie. Capita, a volte, che qualcuno, PER SCELTA, esca fuori dagli scalmi.
E allora si generano quelli che si definiscono scalmanati, cioè quegli spiriti liberi che hanno dentro il germe dell'anarchia, della ribellione che non si adattano ad una vita, ad un'esistenza fatta di "svolgimento corretto ai temi", ma pretendono di più. Guardano più lontano e che da incompresi, subiranno lo scherno dei benpensanti, ma che alla distanza, saranno loro a dire qualcosa in più ed a contribuire a cambiare, sempre in direzione ostinata e contraria come soleva dire e fare il mio Faber.
Capita, più spesso, molto più spesso, che PER FORZA, qualcun altro esca dagli scalmi. Sono quelli che seppure incanalati nel solco tracciato ed a loro riservato, ne siano costretti a uscire in seguito ad un evento traumatico, per esempio, che porta alla rottura della catena di tappe messe lì in ordine ed in fila; sono quelli che nello svolgere il tema sono andati fuori traccia.
E allora comincia un'avventura nuova, diversa: in una prima fase ti ribelli al nuovo ruolo, soprattutto se sei giovane, vuoi essere come gli altri, vuoi rendere felice e rassicurare chi ami, perché sentirti omologato ti rende più sicuro, ti fa sentire il sostegno di tutti e allora lotti per tornare nella traccia del tema.
Ti senti solo in questa tua nuova condizione, ti senti in un angolo... ma te ne sei troppo allontanato. Hai dimenticato, addirittura, qual era la traccia. Poi, con il tempo, con la maturità, ti accorgi che anche senza la traccia assegnata hai qualcosa da dire a te stesso ed a chi ti sta intorno. Puoi scrivere tanti temi a traccia libera, puoi dare e chiedere ancora molto soprattutto con la contezza che deriva da quel modo nuovo di vedere e pensare che pian piano diventa sempre più tuo e della cui diversità cominci a sentire non più il peso ma la levità, la consapevolezza di essere di sostegno e forza a chi sta uscendo ora dalla traccia. Ti rendi conto, pian piano, che l'angolo in cui eri stato emarginato o in cui ti eri relegato è divenuto un punto di osservazione privilegiato della realtà, della vita che può permetterti di coglierla nella sua essenza, piuttosto che nella sua forma, che può permetterti di osservare ciò che è al centro della scena con occhi diversi, con una luce nuova e più intensa.
Aldilà di quella che si definisce normalità, esistono mondi, verità, esperienze, emozioni, che danno un senso alla vita.
Alla propria e a quella degli altri.
"La misura dell'intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario". (Albert Einstein)

24 ottobre 2014

Segnali di vita


È cambiato il tempo.
Nel senso che si è messo a freddo.
Sono cambiati, però, anche i tempi rispetto a quando avevamo le basette lunghe e le camicie a fiori... è tempo di rincasare quando sì fa tardi, è tempo di andare al mare quando fa caldo...


è tempo di lottare quando capita qualcosa. Bisogna andare a tempo per ballare il tango come bisogna saper portare il tempo per suonare la batteria. Il tempo.
Palese inesistenza inventata per scandire, testimoniare e misurare la nostra esistenza. E quella delle cose che ci circondano e che hanno a che fare con noi.
Senza il tempo non ci sarebbe fretta di consumare un alimento perché non ci sarebbe la scadenza, non invecchieremmo perché non esisterebbero gli anni, non scadrebbe neppure la patente o il passaporto.
Il tempo è una convenzione. Ma una convenzione necessaria e obbligatoria.
Come il Pi Greco in matematica che è uguale a 3,14 periodico.
Non si sa perché (almeno io non lo ricordo), ma senza il Pi greco non potremmo calcolare l'area del cerchio.
Ma il tempo tra le cose insensate è quella che ha più senso.
Si, perché misura ogni nostro gesto, ogni nostro palpito, ogni nostro battito.
Lo chiamiamo estate, secolo, anno luce, ora, ma anche, più romanticamente, istante... attimo... proprio a testimoniare la scansione di tutta la nostra vita.
Allora è vero!
Nonostante non esista, nonostante ce lo siamo inventati è importante!
È  fondamentale, oserei dire. Dà senso alla vita. Sì, le dà un senso proprio perché le dà una scadenza. E sulla scadenza della nostra vita non c’è scritto
"da consumarsi PREFERIBILMENTE..."
C'è scritto
" da consumarsi ENTRO..." per far capire che non c’è tempo per i ripensamenti, per gli esami di riparazione, per gli appelli dell'ultim'ora.
Bisogna consumare ENTRO E NON OLTRE!
E allora bisogna vivere, vivere intensamente la vita, che resta la cosa più meravigliosa che ci è capitata... bisogna sentirlo e crederci perché' solo così si può testimoniarlo, bisogna assaporarla intensamente senza dover rimpiangere, poi, ciò che si poteva fare e non si è fatto, ciò che si poteva essere e non si è stati, ciò che si poteva dare e non si è dato.
Il tempo non ci aspetta.
Bisogna affrettarsi.

17 ottobre 2014

Je venais d'avoir 19 ans

Ieri, mi sono seduto di nuovo in un banco.

Non in un banco di chiesa.
In un banco di Università.
Dopo ventisei anni.
Si, ventisei anni dopo la mia laurea, mi sono iscritto alla facoltà di lingue e culture straniere.
Lo avevo in testa da tempo.
Ho sempre avuto una smodata passione, un amore e perché' no, una predisposizione per la lingua francese, per la sua fonetica, per la dolcezza e musicalità che riesce a conferire perfino alle tonalità basse e grevi come la mia, per Baudelaire, per Verlaine, per i pittori impressionisti.
Ci pensavo da tempo.
Era già da qualche anno che mi ero messo in testa di farlo, ma un po' per mancanza di tempo, un po' perché' pensavo che mi sarei sentito goffo e inadeguato in mezzo a studenti di trent'anni più giovani di me, ho sempre accantonato il progetto.
Poi ho pensato, invece, che sarebbe stato bello ed emozionante rimettersi in discussione, ripartire di nuovo, senza pensare a chi ero, a quello che ero diventato, azzerando la mia laurea, il mio lavoro, il mio vissuto e ripresentarmi da anonimo, da studente, da matricola.
Ho pensato, poi, che cinquant'anni (49 per la verità) sia l’età giusta per farlo.
Si, cinquant'anni è l’età giusta per realizzare i sogni rimasti sogni, per alimentare e dare corpo alle proprie passioni rimaste inevase da una vita che ti ha richiesto altro... a cui hai chiesto altro.
E così, senza pensarci più, di ritorno dalle vacanze estive, mi prenoto per partecipare al test di ingresso ed il giorno tre settembre, lo sostengo e lo supero. Mi iscrivo al primo anno, preparo il piano di studi. Sono pronto per iniziare il mio nuovo viaggio.
Ieri alla 10,30 vado alla mia prima lezione.
Francese 1.
Parcheggio la macchina lontano, non c’è un posto libero nel parcheggio del campus e mi avvio a piedi.
Ha la giacca azzurra ed una cartellina di pelle in mano che contiene dei fogli per gli appunti e una penna.
Non so cosa altro portare. Non lo ricordo più ...è passato troppo tempo dall'ultima volta.
Cammino piano cercando con lo sguardo i luoghi della mia giovane vita da studente degli anni '80... rivedo con la mente qualche mio compagno di allora e mi torna qualche ricordo.
Ma non riconosco nessun luogo, è tutto troppo grande adesso, hanno costruito dappertutto... non riesco a trovare la mia facoltà di allora.
Non so neanche dove andare, non so dov'è la mia nuova facoltà.
Chiedo e continuo a camminare.La trovo.

Cerco l'aula 9
La trovo.
Indugio un po' prima di entrare...
La lezione è già iniziata...
Sono un po' nervoso..
Entro.
Un centinaio di studenti seduti nei banchi.
Mi guardano mentre cerco un posto dove sedere e sento addosso i loro sguardi di curiosità.
E' vero, mi sento un po' goffo e inadeguato, ma vado avanti...
Mi siedo all'ultimo banco, l'unico libero...
Mi guardano ancora, non sanno chi sia e perché sia lì.
Anche il professore mi cerca sovente con lo sguardo per capire se fossi uno studente o chi altri...
Faccio di tutto per rassicurarli... chiedo qualche informazione per far capire loro che sono uno studente.
Si rassicurano.
Li guardo... hanno tutti circa diciannove anni...


Penso che li ho anch'io diciannove anni...
Li ho da trent'anni, ma li ho anch'io!!!
Comincia la mia nuova avventura.
Bon voyage!