Sono in treno.
Ho tempo.
Ho tempo per stare da solo e in silenzio.
E penso. Penso a quante serate, nottate abbiamo passato a chiederci,
con i compagni di Viaggio, quelli fissi e quelli occasionali, quelli vicini e
soprattutto quelli lontani, quelli d'inverno e quelli d'estate (che alla fine
hanno finito per coincidere) di quale fosse il senso del nostro esserci, a cosa
bisognasse cercare per vivere degnamente la nostra vita.
Ci siamo chiesti cosa fosse la felicità, se esistesse, come si potesse
raggiungerla o ancora, come si potesse conservarla una volta raggiunta...
Abbiamo solo perso il sonno, senza mai trovare una risposta, una risposta
univoca o condivisa...
Poco ci importava...
Ne avremmo riparlato ancora per altri giorni e notti, tra chitarre,
canzoni, cornetti e nutella, pistacchi ed arachidi...
Nel frattempo, vivevamo.
Sempre con quella sete inappagata, quella voglia di capire, di andare
oltre...
Ma era proprio quella sete che ci spingeva oltre.
Che ci spinge oltre...
Poi mi sono convinto, ci siamo convinti che la felicità fosse uno stato
così fugace da poter essere definita come "quella cosa che appena l'hai
trovata l'hai già perduta"
Poi gli affanni, i dolori, le sconfitte disilludono, segnano,
lacerano...
Ecco, allora, che il chiedersi diventa meno affannoso ed astratto; il
cercare diventa meno ansioso e frenetico...
Senti il sole sulla pelle di prima mattina e ti senti sereno...
Guardi un fiore che si prepara a schiudersi e ti senti vivo...
Che sia proprio quella la soluzione?
Che sia proprio quella la felicità?
Quella che avevamo senza sapere di avere?
Si, penso sia quella...
Semplicemente la VITA.