23 agosto 2015

There's a place...

La solitudine del numero uno

Sto seduto al centro della piazza. Della mia piazza.
Al centro per godere dell'ombra secolare del mio tiglio.
A due metri da me un tavolino che ospita i soliti giocatori di tressette circondati dai soliti sfaccendati che preferiscono osservare e criticare piuttosto che giocare ed essere criticati.
Li guardo e sono gli stessi di trent'anni fa, solo un po’ più invecchiati e brontoloni... dall'altoparlante del bar viene fuori la voce di Battisti che canta "i giardini di marzo"
Sembra di essere ripiombati negli anni '70.
Del resto questo posto, questa piazza con il sagrato e la chiesa attaccati non è poi cambiato di molto, nella sostanza, dagli anni '70 , da quando cominciavo a frequentarla, da quando ci giocavo a pallone, alla "cancella" o ad un altro strano gioco chiamato "campo" che non ho più visto fare a nessuno dopo di noi.
C’è stessa gente di allora... che parla delle stesse cose di allora senza mai trovare un accordo...cose semplici, ovvie, su cui ognuno ha un' idea o una soluzione...
Questo posto non è cambiato nella sostanza perché resta il luogo più normale per darsi un appuntamento o semplicemente dove dirigersi appena usciti di casa, certi di incontrarvi qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere ...
È' il più antico e naturale presidio sociale che ci sia e che sta ormai scomparendo un po' dappertutto....
Qui resiste e ne sono felice....
Non ho mai parlato dei massimi sistemi nella mia piazza e non è' qui che ho costruito il mio sapere, ma è' qui che vengo quando, a volte, la grevità delle mie cose o dei miei pensieri sembra sopraffarmi...
Sono qui, seduto al centro della mia piazza, guardo di fronte le stesse botteghe di allora che hanno per bottegai i figli di quelli di allora...
Sorrido tra me e me, sereno...
Non potrei far a meno di tutto ciò...
Santo in lontananza mentre scrivo, gli stessi litigi sul calciomercato...
Non ne frega niente ma mi piace lo stesso.

"Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via.


Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti"
Cesare Pavese

21 agosto 2015

La bellezza del somaro


Beauté de l'age
Leggo un libro nella beata solitudine dell'ombra di un maestoso pino che ha riempito di aghi il terreno sabbioso; tutt'intorno a me splendide dune di sabbia coperte da cespugli di macchia mediterranea e piccoli e contorti pini che sembrano esprimere una antica sofferenza; la sabbia delle dune resa ancor più bianca dalla luce di un sole lucentissimo che spadroneggia nell'azzurrità del cielo dove qualche cirro timidamente cerca di far capolino.
Io sono qui, a rimirar tutto questo, tutta questa esplosione di naturale bellezza.
Non sembra di essere al mare.
Sento lontano la calca dei bagnanti che come tanti idioti si affollano per il gioco aperitivo o peggio per il risveglio muscolare sempre più immersi in un odioso letargo cerebrale. È strano...
È strano rendersi conto di come un impedimento, se preso dall'altro punto di vista, possa farti volgere lo sguardo altrove,rispetto al tradizionale punto di vista, possa indurti a considerare e notare la bellezza che ci è intorno,di cui,in fondo, abbiamo bisogno e che,invece,non ha bisogno di noi,del nostro turbarla e contaminarla...


È un po' la metafora della vita,quando con il passar del tempo ci sembra di avere ceduto e lasciato ad altri il ruolo di protagonista.
In realtà non è così,perché,in fondo,quel ruolo non ci identifica,non ci appartiene più,abbiamo bisogno di un'altra dimensione di un altro stimolo,di un'altra bellezza diversa dalla "bellezza del somaro".
Ecco allora che ha senso anche il mare senza andare al mare ed il guardare con lo sguardo perso ed a tratti inebetito la silenziosa e delicata armonia di ciò che mi circonda , mentre, rispettoso, ascolto il concerto del vento tra i rami quando incontra il lontano riecheggiare del mare.

— presso Bora Bora Beach.