5 ottobre 2017

Anna e noi

Eccomi.
Non avresti mai voluto che lo facessi, che scrivessi di te.
Mi avresti dato del patetico, del plateale.

Non l'avrei mai voluto neppure io.

Avrebbe significato averti ancora qui.
Eppure ci sei, ci sei ancora.
Sei in tutto ciò che vedo quando mi guardo intorno, tutto ancora parla di te.

Per quanto ancora?

Sono qui, alla mia scrivania, ma di fronte a me non ci sei tu,con la tua voce squillante, con i tuoi grandi occhi bonari e discoli.
Il silenzio è assordante.
Sto qui seduto con questo inutile e sterile ammasso di scartoffie che nulla ha di vivo.
Ho messo su un mix di Palo Conte che ti piaceva così tanto.
Mi fa stare peggio.
Non mi consola saperti felice altrove o almeno sperarlo.

Si stava bene qui e qui era la vita che volevamo vivere, avevamo tante cose ancora fare, da vedere, da imparare e vivere.

Eravamo un'esplosione di vita e di amore tutti e tre insieme e lo abbiamo testimoniato in ogni dove, a chiunque ci vedeva insieme.

Sai, vedere nei giorni scorsi un'intera comunità abbracciare me e Fortuna riconoscendo in noi una fratellanza di fatto, forse più forte che se lo fossimo stati davvero, perché ci eravamo trovati e scelti, ha significato
che davvero lo abbiamo testimoniato quell'amore che ci portavamo.
Ci ha fatto felice, pur nell'atrocità della tragedia.

Adesso fa più freddo:
come in un inverno senza il fuoco del camino,
come da soli su una panchina spazzata dal vento,
con le foglie secche di platano che cadono tutt'intorno

e la tristezza infinita dentro.