27 dicembre 2012

L'anno che verrà


Lucio Dalla nel 1980 scrisse una canzone che si intitolava cosi' e che sembrava una canzone senza senso ma analizzandola a fondo, ascoltandola bene e contestualizzandola evocava e raccontava il fallimento e la disillusione di una generazione, per tutto quanto si aspettava dagli anni sessanta e soprattutto dagli anni settanta in termini di riscatto generazionale, di conquiste sociali, di libertà di pensiero.
Tutto volgeva verso una restaurazione ed un ritorno ai valori più tipici dell' occidente conservatore, all'affermarsi nuovamente, dopo un decennio di speranza, del ruolo centrale e dominante di un ceto medio e borghese che preferiva l'agiatezza e la tranquillità economica all'incertezza degli effetti di una propugnata e mai realizzata giustizia sociale e redistribuzione della ricchezza.
La canzone, infatti, scritta sotto forma di lettera ad un amico si apre con l'amaro e delicato racconto di una vita trascinata tra noia ed abitudine, continua con la falsa speranza, falsa anche per chi la racconta, di un mondo diverso e migliore per chiudersi con il ritorno triste alla realtà :in fondo nulla e' cambiato e nulla cambierà.
Cosi' aveva cantato gli anni settanta Lucio Dalla, all'alba degli anni ottanta, che sono poi quelli della mia generazione, che si caratterizzarono per l' edonismo Reaganiano, per l'ottimismo della volontà Craxiano, per la restaurazione conservatrice e borghese della lady di ferro, Margaret Thatcher, insomma per la voglia di cancellare e di spazzare qualunque fremito riformista precedente sostituendolo con la ricerca del piacere e del benessere a tutti i costi.
Venivano lasciati fuori dalla porta e troppo spesso dalla coscienza i problemi irrisolti di un mondo che era improvvisamente ripiombato nell'oblio, quello dei bisognosi, degli ultimi, dei disagiati per la ricerca di benessere, dicevo, affiancata dal vuoto delle nascenti tv commerciali che propagandavano quotidianamente la Milano da bere, il godimento effimero e fine a se stesso, ossia: il nulla.
In quegli anni abbiamo speso tutto ed abbiamo contratto debiti in quantità impressionate.
Gran parte del nostro debito pubblico e' stato contratto allora.
ED A TE, CARO AMICO VIRTUALE, COSA POTRÒ SCRIVERE DEL NOSTRO ANNO CHE VERRÀ?
Non sara' tre volte Natale e festa tutto l'anno, i preti continueranno a non sposarsi, neanche ad una certa eta' '', continueremo a fare l'amore in modo classico, non " a ognuno come gli va" dato che la nostra chiesa cattolica è ancora determinante nelle nostre scelte sessuali e morali, non spariranno ne' i troppo furbi ne' i cretini di ogni età, (la nostra cultura ed informazione lavora perché i furbi continuino a imperversare ed i cretini a crescere a dismisura).
E allora ?
Qual'e' la nostra speranza?
Dov'è la nostra speranza?...Che cos'è quel buio davanti a me? ...Oddio!... Il baratro! ... Il fondo del barile... ci stiamo arrivando... ci stiamo avvicinando.... ma che cos'è quella cosa piccola che vedo laggiù mentre precipito? ... E' piccola...ma e' molto luminosa!... che sara', voglio toccarla, voglio prenderla in mano... mi avvicino... la guardo... non ci credo ancora... ma e' lei.... LA NOSTRA SPERANZA!!!
L'anno che sta arrivando, tra un anno passera' (speriamo)
io mi sto preparando
è questa la novità!
Ciao Lucio ed a voi
BUON ANNO!

5 commenti:

  1. Loredana Fulchini
    Te lo giuro...vorrei tanto arrivare a leggere sempre tutto fino alla fine...ma un pò più sintetico no?
    I messaggi devono essere "BREVI...FORTI E CHIARI"
    Così potrai avere un pubblico maggiore...anche l'ignorante come me!BUONE FESTE!

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  2. Mimmo Torello
    I miei non sono messaggi, ma riflessioni ed inviti a farlo, non scrivo per avere pubblico, scrivo ciò che penso, se poi viene letto o condivisi e' ovvio che mi faccia piacere. Tu dovresti leggere perche'sei della ma generazione e comprenderesti meglio cio' che dico e poi perche' a furia di non leggere, di non soffermarsi sulle cose, di avere fretta siamo arrivati a questo punto. Ciao commarella splendida!

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  3. Dino Renna
    Quella cosa piccola che vedi laggiù, piccola ma molto luminosa, insomma la luce in fondo al tunnel potrebbe non essere la SPERANZA, ma un treno che ci viene in faccia!

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  4. Giovanni Torello
    Mimmino, possiamo metterla così: quella luce in fondo al tunnel é un treno carico di speranza.
    É proprio quando lo prendi in faccia, quel treno, quando ti fa più male che la speranza diventa (deve diventare) consapevolezza di dover, poter fare di più, desiderio di condividere, di partecipare, azione, riscossa contro quelle forze che spingono all'inerzia, all'appiattimento mentale. "Chi di speranza vive, disperato muore" é uno dei pochi proverbi che non condivido!

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  5. Maria Grazia de Giovanni
    Arriva un momento in cui bisogna smettere di sperare perché occorre AGIRE! Agire per un cambiamento globale, che inizia dal cambiare in meglio ogni azione quotidiana del nostro vivere. Buon 2013 !!!

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