Lo diceva Gaber
più di qualche anno fa, riferendosi alle scommesse ed alle lotte per la
giustizia sociale o per la libertà di dire, di fare, di pensare di una
generazione che voleva cambiare il mondo.
Non ci riuscì a
cambiarlo, anzi in molti casi il mondo ha cambiato i ragazzi di quella
generazione al punto da non raccontare neanche più ciò che volevano, ciò che
cercavano, ciò per cui si erano battuti, rinnegandolo, in molti casi e
barattandolo con l'agiato, indolente e inconsapevole benessere con cui
hanno cresciuto i loro figli, tenendoli, così, lontani da ogni idealismo ed
educandoli ad un utilitarismo che è divenuto l'approccio più normale per la
propria vita.
Ecco perché
quella generazione ha perso.
La mia generazione è arrivata subito dopo.
Aveva già meno voglia di lottare e voleva
scordarsi degli anni di piombo, delle lotte di classe, dell'elogio dei vari
pauperismi… ha cercato il benessere il godereccio, insomma, ha gettato le basi
per la creazione dello sfacelo che viviamo oggi, senza valori, senza ideali,
senza miti.
Ma la mia
generazione non ha perso perché, in fondo, non ha combattuto.
Ma ha perso
ugualmente. A volte ripenso
alla mia adolescenza, al mondo semplice che c'era allora ed in cui ero
perfettamente integrato, (almeno per un ragazzo di paese come ero io), al tempo
scandito da eterni e splendidi rituali, alla vendemmia d'autunno con
l'odore di mosto per ogni vicolo, alle aie piene di granturco messe lì ad
essiccare che il più vecchio della famiglia accidiosamente muoveva con il
rastrello, alle conserve di pomodoro che tutti preparavano prima di San
Nicola e che terminavano sempre con peperoni e pannocchie arrostite, alle
tombolate con i vicini, ogni sera d'inverno, sempre con le candele pronte nelle
bugie perché al primo alito di vento andava via la luce, ai canti d'estate
ed i racconti dopo la fatica nei campi che i miei nonni ed i loro vicini
facevano fumando la pipa, seduti sul gradino fuori dell'uscio di casa. Ecco, la mia generazione ha perso tutto
questo. Ha avuto in cambio
una tecnologia che cominciava ad affacciarsi sul mondo e che ci ha trovati
impreparati a servircene perché già grandi e cresciuti senza.
La mia generazione chiudeva un mondo che non ci sarebbe più stato e ne apriva un altro che non ci apparteneva.
La mia generazione chiudeva un mondo che non ci sarebbe più stato e ne apriva un altro che non ci apparteneva.
Nicola Clemente
RispondiEliminaE io che debbo dire?
Dino Renna
RispondiEliminaTriste, ma lucidissima analisi. Un abbraccio malinconico!
Filomena Formica
RispondiEliminaMimmo Torello,leggendo, ho tremato di malinconia! Un abbraccio
Non volevo trasmettervi malinconia, ma raccontarvi ciò che sento, semplicemente...
EliminaRosanna de Santis
RispondiEliminaMi piace ..tanto
Antonietta Montone
RispondiEliminaNostalgia nostalgia canaglia ma soprattutto rimpianto di un mondo ricco di sentimenti dove si era felici con poco e soprattutto dove ancora si sognava
CostantinoLinda De Stefano
RispondiEliminacaro Mimmo, purtroppo è così triste tutto molto triste
Enza De Stefano
RispondiEliminaSi condivido quando ricordi da
Maria Rosaria Landi
RispondiEliminaTristemente vero
Giovanni Crescenzo
RispondiEliminaStupidamente abbiamo barattato la possibilità di Vivere i Social Network per "collegarci" ai "social network".