Mi guardo intorno, mi giro, mi siedo, mi rialzo e mi
risiedo.
Guardo tutta questa umanità che mi circonda, che mi guarda e
non mi riconosce, che non si accorge di me ne’ di tutti... nella frenesia della
corsa per trovare il proprio viaggio, per non perdere il treno... e che si
ferma e prende fiato solo quando ha individuato il suo, quello che lo porterà
dove vuole andare, dove ha deciso di andare, dove è destinato ad andare... e che
si placa dal suo vagare, dal parossismo del cercare, del chiedere e
dell’indagare su quale sia il binario del suo viaggio e dal perché nessuno
glielo indichi... solo quando lo ha trovato.
Quello delle 14 e 15 non è indicato e devo mettermi alla sua
ricerca da solo... non posso star fermo ad aspettare come Vladimiro ed
Estragone che venga da me... lo aspetterei invano e lo perderei.

Vedo anche tante facce che non hanno fretta, che ormai lo
hanno perso il treno ...anche quello dopo... e stanno lì in un’accidia
esistenziale a guardare il viaggio altrui immaginando che sia il proprio... senza
più la speranza negli occhi e con l’obolo a terra.
Verrà per tutti, poi, la sera, a ristorare le fatiche e i
dolori, a stemperar le gioie.
Verrà la sera a riveder, con calma ritrovata, i volti frettolosamente
incrociati e quelli conosciuti e mai dimenticati ...e penseremo a loro.
Verrà la sera a placar le ansie e spegnere i pensieri.
E poi, placida, la notte.